venerdì 19 settembre 2014

LET'S GO CHERRIES!

Lontano da Tavecchio e dalle relative banane, lontano dalle inutili chiacchiere da bar sul Balotelli di turno, non c'era niente di meglio che seguire l'inizio di questa stagione calcistica lontano dall'Italia. Ho speso l'ultimo mese delle mie vacanze a Bournemouth, ridente città del Dorset (sud dell'Inghilterra), ospite di una famiglia del posto. Principalmente giunto qui per una vacanza studio, mi sono ben presto innamorato delle ciliegie. E se parli di Ciliegie a Bournemouth o, per essere più precisi, di "Cherries", non stai parlando di frutta. "Ciliegie" è infatti il soprannome dei giocatori dell' AFC Bournemouth, la squadra locale militante in Championship (seconda divisione nazionale).

L'undici del Bournemouth prima del fischio d'inizio di un match

Prima di raccontarvi la mia storia, è doverosa una premessa su questa compagine tutt'altro che blasonata. Colori sociali rosso e nero, l'AFC Bournemouth è stata per anni una squadra da League One (terza divisione). Anni e anni spesi a vagare tra i piani alti e la zona retrocessione, una buia parentesi in League Two a cavallo tra gli anni '70 e '80. Poi arriva in panchina Harry Redknapp, non uno qualunque, e le Ciliegie iniziano a sognare. Nel 1987 si sale per la prima volta nella storia in Championship, e si sfiora la zona play-off per salire in Premier. Poi arriva il 5 Maggio 1990, e il Leeds si laurea primo in classifica all'ultima giornata, vincendo di misura in casa del Bournemouth, che a causa di questa sconfitta è invece condannato alla retrocessione. Da quel momento in poi, la Championship tornerà solo nel 2013, con la promozione targata Eddie Howe, l'attuale allenatore dei rossoneri. E nella stagione 2013/14, al ritorno dopo quasi vent'anni in seconda serie, le Ciliegie chiudono al decimo posto, andando oltre ogni più rosea aspettativa. Inutile dirlo, oggi la Bournemouth calcistica sogna. Del resto, sette anni dopo aver conquistato la salvezza in League Two nonostante 17 punti di penalità (stagione 2008/09), ospitare il Liverpool in casa non aiuta a mantere i piedi per terra. Un mese mi è bastato per rendermi conto di quanto l'euforia attorno a questa squadra sia a mille.

E ovviamente, non potevo farmi sfuggire l'occasione per ammirare le Ciliegie dal vivo.


Il Dean Court (oggi Goldsands Stadium per motivi di sponsor)

Al mio arrivo a Bournemouth, una più che lieta sorpresa: la famiglia che mi ospita vive ad un minuto a piedi dal Dean Court, lo stadio di casa delle Ciliegie. Se, prima di partire, andare a vedere una partita del Bournemouth era solo un'idea campata in aria, adesso diventa una forte tentazione. Insieme ad altri drogati di calcio partiti con me, decidiamo di andare a comprare i biglietti per la terza giornata di campionato. Il match contro il Nottingham Forest è in programma giusto il giorno dopo il nostro arrivo, di Martedì. I nostri entusiasmi si stroncano in biglietteria, quando scopriamo che i biglietti sono finiti. Sold out per un turno infrasettimanale, per di più di inizio campionato. Insolito, ad essere sinceri. Tutto acquista un senso quando scopro che il Bournemouth è a punteggio pieno dopo due giornate di Championship, con tanto di vittoria fuori casa per 4 a 0 all'esordio. Euforia alle stelle e, ovviamente, biglietti polverizzati in poche ore. Il calendario del campionato non è clemente, e la successiva partita in casa si gioca proprio il giorno del nostro ritorno in Italia. 


Tuttavia, c'è un'ultima chance per vedere le Ciliegie all'opera. Il martedì seguente, va di scena il secondo turno eliminatorio di Capital One Cup, contro il Northampton Town. Non posso perdere quest'ultima opportunità, e il pomeriggio seguente si torna in biglietteria. È da questo momento in poi che mi rendo conto di quanto sia tutto sia più semplice, qui in Inghilterra. Tanto per cominciare, i biglietti non sono nominali. Ne compro tranquillamente quattro, per i miei amici con i loro soldi, senza che mi venga richiesto alcun documento d'identità. Inoltre, essendo studenti, abbiamo diritto ad un notevole sconto. Così, tre minuti dopo il mio ingresso in biglietteria, ho già in mano i tagliandi per il match; qualcosa di molto diverso dalle lunghe attese italiane, ripiene di inutile burocrazia e di controlli fini a sè stessi. Il giorno della partita, arriviamo allo stadio tragicamente a ridosso del calcio d'inizio (circa un quarto d'ora prima del kickoff). Ciononostante, raggiungere il nostro settore è molto semplice; neanche l'ombra di una fila all'ingresso. Prima di entrare, incrociamo uno steward (uno delle migliaia di steward sparsi dentro e fuori lo stadio), e la sua domanda mi sorprende: "siete tifosi di casa o siete tifosi ospiti?". In Italia, i tifosi delle opposte fazioni hanno ingressi diversi e la Polizia fa di tutto purchè non entrino mai in contatto. Qui, i tifosi delle due squadre possono andare allo stadio tranquillamente insieme. Superato il tornello, siamo finalmente dentro. Il terreno di gioco si presenta ai nostri occhi in tutto il suo splendore. Così verde, così vicino. Preso posto in tribuna (tutti i posti numerati rispettati con precisione) ancora una novità: il settore ospiti è proprio nella nostra tribuna, nella zona sinistra. A dividerci dai tifosi di Northampton, una decina di file di seggiolini vuote presidiate dagli steward. Due tifoserie di due squadre diverse a pochi metri di distanza, senza alcuna barriera architettonica: semplicemente utopia per gli stadi italiani. Acquistato l'immancabile match programme, non ci resta che godere dello spettacolo. L'atmosfera è fantastica; un clima di festa, reso tale anche grazie all'accesa curva di casa.
 Il risultato finale è un sonoro 3 a 0 a favore del Bournemouth, che ha costantemente bombardato la porta avversaria, lasciando poco spazio alle iniziative altrui. Dopo il fischio finale, sosta d'obbligo nello store ufficiale del club, parte integrante della struttura dello stadio. All'interno, tra gli articoli in vendita, fa bella mostra la bacheca dei trofei delle Ciliegie. Le coppe, quindi, non sono abbandonate nella polvere di chissà quale sperduto ufficio societario, ma poste il più vicino possibile ai tifosi. Anche da queste piccole cose si coglie il rispetto di un club verso i suoi fedeli.

Talmente tanti steward che invadono i selfie...

Finita la serata, torno a casa, stregato dall'aria respirata al Dean Court. Ciò che non sarò in grado di dimenticare è un'immagine nitida come una cartolina, che da un senso a questa meraviglia che è il calcio inglese: padri bardati di rossonero che portano i propri figli allo stadio, anch'essi fieramente vestiti dei colori della loro squadra del cuore. Quegli stessi padri hanno vissuto sulla loro pelle, da giovani, i terribili anni dello strapotere degli Hooligans. Hanno vissuto lo shock delle tragedie dell'Heysel e di Hillsborough, consapevoli che quelle stragi erano frutto di un cancro della loro stessa società. E hanno capito che le cose dovevano cambiare per il bene dei loro figli
, al più presto. Le cose sono cambiate, e proprio quei figli, oggi, non sospettano minimamente che lo stadio possa essere un posto pericoloso. Sanno che lo stadio altro non è che un posto dove ci si diverte in compagnia, all'insegna dello sport, perchè per loro è sempre stato così. 
Per loro, l'unica cosa che conta è che le loro Cherries vincano la prossima partita.