sabato 14 marzo 2015

L'ENNESIMO PASTICCIO ALL'ITALIANA. PURTROPPO.

“ Sono tanti anni che sono nel calcio, non è una situazione incredibile. Se le società di calcio sono diventate società di capitale, come fallisce una società di capitale (e in Italia ne son fallite tante con la crisi) può succedere anche nel calcio. È incredibile che ci sia un megafono così forte per una cosa che, secondo me, nella società succede. Se una società viene gestita male fallisce. […] C'è un presidente che è andato via prima, ma sono delle cose che sono successe, però io non penso che se una società fallisce nella società normale le altre debbano farsene carico. ”
Maurizio Zamparini, presidente del Palermo, 06/03/15


Non si corra il rischio di considerare le dichiarazioni di Maurizio Zamparini, in merito al tristissimo caso Parma, come quelle di una voce isolata. È vero, la voce in questione è quella di un folkloristico presidente di serie A che, in passato, ci ha regalato perle ben più birllanti. Ma per come questa infelice vicenda si sia evoluta sino ad oggi, ci sono tutte le buone ragioni per supporre che buona parte dei presidenti e dirigenti di serie A la pensi proprio come Zamparini. Se davvero non fosse così, non si potrebbe spiegare come sia stato possibile arrivare ad una situazione così imbarazzante.

C'è un presidente che è andato via prima, ma sono delle cose che sono successe”. Sono successe, appunto. Ma queste “cose” non sarebbero mai dovute succedere. Di soldi, a Parma, non ce n'era abbondanza già da tanto tempo. L'esclusione dalla Europa League, maturata per aver pagato in ritardo l'Irpef al termine della scorsa stagione, era un valido allarme: quando una società di serie A (e neanche di bassa classifica) ha difficoltà nel pagare 300.000 euro, non si può far finta di nulla. E invece, al momento delle iscrizioni per la stagione in corso, nessuno ha voluto verificare la solidità delle casse dei Ducali. Un attegiamento così superficiale, a certi livelli, non dovrebbe esistere. Eppure, una squadra senza i bilanci a posto ha potuto iscriversi alla massima serie del nostro calcio. Le accuse di bancarotta fraudolenta mosse nei confronti dell'ormai ex presidente del Parma, Tommaso Ghirardi, chiudono il cerchio. Si parla di un buco di almeno 200 milioni di euro nel bilancio degli emiliani. Nulla di più palese: il Parma era una società che soffriva da tempo. Accumulava debiti su debiti, a causa di una gestione approssimativa. Ma è possibile che nessuno abbia mai voluto indagare sui conti parmensi? La risposta è sì. Del resto, “non è una situazione incredibile. Se una società viene gestita male, fallisce”. Di certo, la ricerca compulsiva di un capro espiatorio è già partita (Ghirardi? Manenti?), e tutti, dai tifosi ai giornali, saranno distratti per un po' dal bisogno di avere qualcuno contro cui puntare il dito.

Il vero scandalo sta nel semplice fatto che sia stata resa possibile la “cattiva gestione” di una società del calibro del Parma. E mi dispiace contraddire Zamparini, ma non è affatto normale che una squadra di massima serie debba vedersi pignorare furgoni e panchine, per di più a campionato in corso. Il fallimento di una società può essere considerato normale solo in un mercato senza regole. Nel nostro calcio, le regole ci sono. Ma nessuno si preoccupa che queste vengano rispettate, fino a quando non si giunge a situazioni irrimediabili. Cioè, fino a quando le regole stesse non siano state violate oltremodo. Se a qualcuno sembra strano che uno scandalo simile abbia avuto una tale risonanza (o un tale megafono, usando la poco chiara retorica zampariniana), allora questo qualcuno riterrà altrettanto strano che le regole di cui sopra debbano essere rispettate.

Una domanda sorge spontanea: quante altre squadre dovranno agonizzare così a lungo, prima che qualcuno si decida a far rispettare le regole una volta per tutte? Purtroppo, né Zamparini né nessun altro potranno risponderci con certezza.


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