giovedì 21 aprile 2016

TRAVOLTO DALLA PIENA, ANCORA UNA VOLTA

Ma non è che sto sbagliando io?

Seduto in panca, lì dove oramai da mesi la gente ha un po' fatto l'occhio a vedercelo, consueto fratino sopra la tuta, gomma masticata non senza un certo nervosismo, Francesco Totti per un attimo è tentato dal rielaborare le proprie posizioni. Perchè si può essere coerenti fino alla fine, ma è anche vero che prima o poi un paio di domande ce le si deve fare. E allora Totti ci pensa seriamente.
Ma non è che sto sbagliando io?”.

Credeva che dopo l'ultima partita, quel suo tiraccio valso un prezioso punto in classifica avesse convinto una volta per tutte quell'altro. E invece niente, ancora panchina. Pure col Torino. Francesco è incazzato, ma cela bene la sua impazienza. E ora che per un attimo il suo sguardo si perde nel vuoto, dalla poltroncina coperta dal plexiglas, con la partita che sta per volgere al termine, Francesco ci prova a fare un passo indietro. Non può fare sempre lo stesso errore, provare a vederla sempre a modo suo. Potrebbe essere che abbia ragione l'altro. Dovrebbe realmente cominciare a cercare un'alternativa. Ma qui, adesso, è difficile. Anche stasera fa male, essere a pochi metri dall'immenso prato verde senza poterlo calcare con i compagni, e soprattutto vedere quel pallone rotolare, così in fretta da un piede all'altro, senza poterlo anche solo accarezzare con il collo piede. Ed ecco che Francesco la sente salire, inesorabile. La piena lo travolge. Un'onda anomala di suoni ed odori. Li percepisce forte, oggi come venti anni fa. La sfera calciata con vigore, cuoio contro cuoio, un botto sordo che non ha onomatopee ma che ogni uomo che ha messo piede in un campo conosce bene. I tacchetti che graffiano i fili d'erba. Erba, l'odore di erba bagnata, irrigata poco prima del fischio d'inizio. L'eco distorta delle urla del portiere agli uomini in barriera. Il tanfo dell'unguento del fisioterapista spalmato sulle sue cosce, che arriva a periodiche zaffate nelle sue narici. Il tessuto forato della casacca avvertito sotto le mani. Francesco è in osmosi con il calcio. La sua vita non è in tutto questo. La sua vita è tutto questo. E mentre comincia il riscaldamento, la piena sale, sempre di più. Il boato dei tifosi che si sono accorti della sua comparsa a bordo campo. I colori sgargianti dei tabelloni, della bandierina del guardialinee, delle scarpe. Il mosaico policromo delle tribune e delle curve, con le migliaia di tessere che si alternano ai vuoti dei sediolini blu. Totti è sempre più immerso da tutto questo. Ancora una volta. E allora basta, decreta una volta per tutte l'ego Tottiano. Il capitano prende a due mani la sua coscienza. Le parla. Se io lo volessi, a te andrebbe? Come per consigliarla di lasciar stare tutte le parole e i progetti e le idee dei giornalisti e la società e tutto il resto. Niente calcoli, che farli adesso non serve. Se io lo volessi, a te andrebbe?

Passa qualche minuto. Totti entra. Segna il primo gol. Pareggio. Si gioca ancora. Rigore. Lo tira Totti. Gol.

In piedi, davanti la sua panca ormai vuota, essendo tutti corsi ad abbracciare il loro capitano, maglioncino e camicia, non senza lasciar trapelare dell'emozione, Luciano Spalletti ci pensa seriamente:
Ma non è che sto sbagliando io?”.


Francesco Grasso (liberi spunti da qui)

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