lunedì 14 luglio 2014

UN FILM SENZA LIETO FINE

La pellicola è quasi ai titoli di coda. Siamo alla scena madre. Gli ultimi minuti scivolano via. Lo scenario è uno di quelli che, almeno una volta nella propria infanzia, ognuno di noi ha sognato ad occhi aperti. Una finale della Coppa del Mondo, al Maracana. La squadra del nostro eroe è sotto di un goal, forse dopo aver sprecato anche troppo. Ma adesso la palla è solo per lui. Minuto 120. Un calcio di punizione, da distanza proibitiva per tutti. Ma non per lui, Lionel, che punizioni così ne ha messe tante, facendoci innamorare della sua classe. Trofei a non finire con il suo club, Palloni d’Oro a cascate. Ma tutto ciò adesso non conta. Bisogna segnare, se si vuole entrare nell’Olimpo degli Dèi del Pallone. La colonna sonora si fa incalzante, in un crescendo il cui momento clou  vuole coincidere con la battuta di questa punizione. Lionel prende la sfera tra le mani e la sistema sul punto di battuta. Attende che l’arbitro finisca il suo graffiti con la schiuma. Prende una breve rincorsa, per poter battere. Quindi alza lo sguardo.

 E qui la musica si ferma. Perché Lionel, all’improvviso, si rende conto di essere lontano.

Lontano dalla porta, che adesso sembra piccola e inviolabile come non mai. Ma soprattutto, lontano dalla leggenda. “Sì, potrebbe segnare, ma non è mica Maradona” questo è il pensiero di molti spettatori scettici. Altri, invece, ci credono. Se è Lionel il protagonista, il regista non avrà certo deciso di fargli perdere la più grande occasione della sua vita. Se questo è il suo film, sarà questo il momento in cui sconfigge il male, tirando fuori i suoi superpoteri e lasciando tutti a bocca aperta. Sarà adesso che scriverà la storia, insaccando ancora una volta da venti metri, riaprendo la partita, portandola ai rigori, e magari vincendola con il tiro dal dischetto decisivo battuto proprio da lui. Sarà così che alzerà la Coppa tanto agognata. “E allora osserviamo - si dicono gli intrepidi spettatori - che cosa inventerà la Pulce questa volta”. Ma la verità è che Lionel non ci crede più. E il suo film non ha un lieto fine. Questo gli spettatori non lo sanno. Non lo immaginano neanche. Il loro idolo che si spegne di fronte all’ultimo ostacolo? Lui, che ha vinto l’inimmaginabile? Impossibile.

E invece Lionel calcia la sfera, ma questa prende la tangente della traiettoria desiderata, spegnendosi lontana. La osserva schizzare via, accompagnata dal sospiro di sollievo di metà stadio. Voilà, come dice lo spot di quella macchina francese. L’ultima occasione è andata via. Lionel realizza subito che per lui questa finale è andata. Non ce l’ha fatta. Questo calcio piazzato sbagliato è la metafora dell’intera finale di Messi. Per niente decisivo. Eppure, aveva iniziato alla grande, questo Mondiale. Goal a raffica alla fase a gironi. Splendida la perla al 93’ che aveva deciso la sfida con l’Iran. Con tutte queste emozionanti prestazioni del protagonista, il sapiente regista di questa pellicola aveva saputo catturare l’attenzione dei suoi spettatori: occhio, che questo può essere davvero il suo Mondiale. E la gente ha iniziato a crederci davvero. Ma il finale è stato dei più anonimi. Una finale, per carità, giocata contro una squadra terribilmente forte. Ma è chiaro che Messi abbia toppato. Tanta, troppa paura di sbagliare.


E ora che la palla è volata via, il regista ci regala un ultimo primo piano. Lionel guarda il cielo, con un sorriso beffardo, forse chiedendosi se mai riuscirà ad arrivare sul tetto del Mondo.


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