mercoledì 25 giugno 2014

I PERCHÈ DI UNA SCONFITTA

Per la seconda volta consecutiva siamo fuori dal Mondiale. La sconfitta con l'Uruguay lascia davvero grande rammarico, per una Nazionale che aveva iniziato nel migliore dei modi il suo cammino in Brasile. È stato un insieme di fattori a determinare la sconfitta degli Azzurri, che ha avuto come conseguenza immediata le dimissioni del CT Prandelli e del presidente della FIGC Abete.

Eppure, l'Italia non aveva sbagliato approccio alla gara, ieri a Natal. La squadra è partita con un baricentro basso, cercando di anticipare subito le punte della Celeste su ogni suggerimento rasoterra. La manovra offensiva poggiava sulle spalle di Immobile e Balotelli; i due cercavano di dialogare con quei (pochi) palloni che giungevano dalle loro parti. È stata infatti il lancio lungo la nostra arma principale dei primi 20 minuti. Ma, un po' per gli anticipi dei centrali difensivi avversari, un po' per l'imprecisione nel primo controllo, il tandem d'attacco non ha prodotto granchè. Supermario, nei 45 minuti a sua disposizione, ha compiuto in parte il suo dovere. Bravo a difendere palla e a far risalire la squadra in un paio di circostanze, non è riuscito a mantenere la lucidità necessaria per finalizzare le poche azioni d'attacco capitate tra i suoi piedi. Come se non bastasse, il giallo al 22' ha compromesso la sua partita: un Balotelli ammonito così presto non può rimanere a lungo in campo. Nel secondo tempo, la musica era sul punto di cambiare. L'innesto di Parolo garantiva un minimo di continuità tra centrocampo ed attacco, con Immobile che, rimasto unica punta, aveva più campo per muoversi in profondità. Tutto questo fino al 59', quando l'arbitro Rodriguez estrae un rosso generoso ai danni di Marchisio, entrato a protezione della palla su Arevalo Rios. In dieci, la partità si è inevitabilmente trasformata in un assedio dell'Uruguay nella metà campo tricolore. Con l'uomo in meno, l'Italia ha giocato come avrebbe dovuto giocare: difesa ordinata e ripartenze veloci ad innescare Immobile. Sia lui che Verratti, però, hanno dovuto lasciare il campo prima del fischio finale per guai fisici. Dopo che l'Urugay aveva anche sfiorato il vantaggio con un tiro di prima intenzione di Suarez deviato da un intervento straordinario di Buffon, l'epilogo tragico è giunto a nove minuti dalla fine, proprio quando sembrava che gli Azzurri fossero riusciti nell'impresa di strappare il biglietto per gli ottavi. Su calcio d'angolo, il solito Godin insacca di testa (terzo gol in tre partite decisive per lui, dopo la zuccata a Barcellona che è valsa la Liga e il gollonzo in finale di Champions che ha illuso i suoi Colchoneros) e la difesa nulla può. Negli ultimi minuti di gioco, l'Italia cerca di buttare il cuore oltre l'ostacolo, ma c'è solo tanta buona volontà e pochissima forza in corpo. 

È un'eliminazione strana, quella scaturita ieri. Molti parlano di fallimento, ma a dire il vero la nostra eliminazione è in parte giustificabile. In un girone di ferro come il nostro, il passaggio del turno non era così scontato. L'exploit del Costarica ha scombinato le carte in tavola, riservando un solo posto agli ottavi per Uruguay, Inghilterra e Italia. Arrivati con soli tre punti all'appuntamento di ieri, il match si è trasformato in uno spareggio da dentro o fuori, che gli uomini di Prandelli non avrebbero mai immaginato di dover giocare dopo la strabiliante prova di Manaus. Ed era proprio lo spirito a non essere quello giusto. Dopo aver perso con il Costarica, la Nazionale ha perso fiducia nei propri mezzi proprio nel momento in cui, battendo l'Inghilterra, era l'Uruguay ad acquistare sicurezza. A risentire di più di questo momento negativo sono stati proprio Immobile e Balotelli. Quest'ultimo sentiva forte la responsabilità di aver sbagliato troppo contro il Costarica, mentre il suo compagno di reparto era in panchina, in attesa del suo momento. Momento che è arrivato nelle circostanze sbagliate. Sarà stato anche capocannoniere, ma per Immobile quella di ieri era la vera prima partita da dentro o fuori in una competizione che conta, e in circostanze simili non si può giocare serenamente. Ci si aspettava sicuramente di più da parte loro e dei tanti giocatori di qualità su cui Prandelli aveva puntato. I veterani del gruppo, a fine partita, hanno reso chiaro il loro disappunto verso le giovani leve che hanno disatteso le aspettative. Tra tutti i giovani scesi in campo in queste tre partite di Mondiale, l'unico a non risentire della pressione è stato (guardacaso) Marco Verratti, che pur essendo più giovane di Immobile, ha già giocato 17 partite in Champions League con il suo PSG. Chissà se, prima o poi, anche le squadre italiane inizieranno a credere nei giovani, per farli diventare campioni di spessore una volta per tutte, evitando che questi arrivino ai momenti decisivi ancora impreparati. Speranza vana, forse.

E quindi la domanda sorge spontanea: da dove ripartire? O meglio: da chi? In quanto a "materiale umano", non c'è da essere pessimisti: le risorse non mancano. Per il successore di Prandelli, i nomi che si alterneranno in questi giorni saranno tanti. La speranza è che, chiunque egli sia, il prossimo CT focalizzi bene chi siano i giocatori da cui ripartire, infondendo stimoli nuovi ai reduci di questa spedizione sfortunata e, perchè no, diffidando di color che non hanno convinto.




P.S.
R.I.P. Ciro

martedì 24 giugno 2014

SI PUÓ FARE, AZZURRI

La sconfitta con il Costarica ha smorzato gli animi in casa Italia. Era inevitabile che quell'ondata di entusiasmo seguente il successo contro l'Inghilterra fosse stroncata dall'ennesimo risultato a sorpresa di questo Mondiale. Al netto delle occasioni di gioco create, l'Italia è stata poco concreta sotto porta, sempre se di sotto porta si può parlare, dato che entrare nell'area Costaricana palla al piede sembrava un sogno per gli Azzurri, lenti e poco reattivi. Ma non tutto è perduto.

Ad essere sinceri, tuttavia, se l'Italia ha perso è anche per i meriti di una delle squadre più in forma di questo Mondiale, ovvero il Costarica di Pinto. Il tecnico colombiano ha impostato alla perfezione la sfida contro Prandelli: centrocampo affollato, difesa ordinata, linee di passaggio chiuse per Pirlo e compagni. Il demerito più grande dell'Italia è stato sicuramente l'aver sbagliato approccio alla gara. Sarà stato per l'ottimismo travolgente, sarà stato per il caldo, ma gli Azzurri hanno lasciato la testa da qualche altra parte. Ma ciò che sicuramente ha lasciato tutti di stucco è stato il terribile crollo fisico della squadra, che dopo i primi 45 minuti non è stata più capace di imbastire un'azione di gioco con lucidità. Il lavoro meticoloso del ritiro pre-Mondiale sembrava aver dato i suoi frutti a Manaus, e invece a Recife c'è stato un tracollo generale. Giocare alle 6 del pomeriggio in Amazzonia non è come giocare all'una sulla costa atlantica. Prandelli si è affidato agli innesti dalla panchina per provare a dare la scossa, arrivando a schierare ben quattro attaccanti contemporaneamente (Cassano, Insigne, Balotelli e Cerci), ma nessuno di questi aveva le gambe e la concentrazione giusta per incidere. Dei quattro, forse l'esterno granata è stato quello più volenteroso, avendo cercato più volte l'uno contro uno, salvo poi impattare contro il difensore di turno. Lasciare Pirlo e De Rossi (tra l'altro malconcio, salterà il match di oggi) abbandonati a loro stessi a centrocampo non si è rivelata una scelta felice. Era lecito sbilanciarsi per rincorrere il pareggio, ma un esterno in meno e un mediano in più (Parolo?) non avrebbe fatto male. Ma è inutile contestare le scelte del CT a bocce ferme e a mente lucida; quando le scelte bisogna prenderle a partita in corso, non è mai facile trovare le soluzioni giuste.

Mettersi alle spalle la brutta prova di Recife non sarà stato facile per il gruppo di Prandelli, ma ciò che è sicuro è che oggi, a Natal, l'Italia darà tutto per passare il turno. Chissà se riproporre la difesa juventina possa restituire solidità al reparto arretrato, puntando sull'intesa più che collaudata tra Barzagli, Bonucci e Chiellini (tre nomi che suonano come una filastrocca per molti tifosi bianconeri). Verratti merita una chance dal primo minuto. Immobile e Balotelli potrebbero calpestarsi i piedi a vicenda, ma se Prandelli adotterà questa soluzione, avrà analizzato attentamente i comportamenti dei due attaccanti in allenamento. C'è da fidarsi, insomma. Farà la differenza anche la determinazione di Pirlo, che, avendo annunciato il suo ritiro dalla Nazionale a fine Mondiale, non vuole chiudere la sua carriera in Azzurro con un altro fallimento, dopo quello di quattro anni fa.

E allora crediamoci, perchè questa Nazionale ha il terribile vizio di riuscire a tirare il meglio di sè solo ad un passo dalla morte. Crediamoci, perchè la sconfitta di Recife è solo un passo falso, non è il sintomo di un crollo totale. Crediamoci, perchè questa Nazionale sa come si vincono le partite decisive. Questo gruppo ne ha già passate tante, ha rischiato di uscire al primo turno anche all'Europeo di due anni fa, ma non si è mai data per vinta e ci ha creduto fino all'ultimo momento in cui le sue chances fossero intatte. Ma soprattutto, la nostra Nazionale ha un gene del proprio DNA, che le permette di trasformarsi quandi si deve fare sul serio. Un meccanismo che non si può spiegare, ma che ogni tifoso percepisce chiaramente. Una molla che scatta nel momento in cui l'avversario gonfia il petto, e la Nazionale sembra piccola piccola, posta dinnanzi alle stelle avversarie e alle difese rocciose altrui. È in questi momenti che l'Italia diventa la squadra che gira a meraviglia e che ci fa sognare. E quindi forza Azzurri, per continuare a sognare.




domenica 15 giugno 2014

ITALIA BATTE INGHILTERRA: BUONA LA PRIMA

La Nazionale centra la vittoria all'esordio del Mondiale, battendo (ancora una volta) l'Inghilterra di Hodgson, nella sauna di Manaus. I giornali inglesi l'avevano bollata come "la lotta nella giungla", e battaglia é stata: una partita spumeggiante, che dopo un inizio in sordina ha regalato tanti brividi ed emozioni, con occasioni da una parte e dall'altra fino all'ultimo minuto di gioco. 

Il primo vero protagonista del match é stato senza dubbio il caldo asfissiante, che ha impedito alle due squadre di alzare il ritmo per almeno la prima mezz'ora. Fino a quando non si sono rotti gli equilibri, é prevalso il blando possesso palla degli Azzurri, che si limitavano a far girare palla intorno alla trequarti avversaria. Alle temperature elevate, del resto, si é ben presto aggiunto l'atteggiamento guardingo degli uomini di Hodgson, che hanno difeso la loro metà campo con molto ordine. Attaccare la profondità, del resto, risulta difficile quando si ha a disposizione un solo terzino naturale: la scelta di Chiellini esterno nella difesa a quattro ha di fatto inibito la spinta offensiva sull'out sinistro.

Tutto questo fino alla rete che ha sbloccato il risultato, frutto di uno schema perfetto da calcio d'angolo. Marchisio ne ha segnati pochi, di goal in Nazionale, ma quello di ieri é senza dubbio uno dei più pesanti. Il suo tiro da fuori area ha acceso i ritmi della partita. E, paradossalmente, il pareggio degli Inglesi é arrivato su una manovra di contropiede, a dimostrazione che nei minuti immediatamente successivi l'1 a 0 era ancora l'Italia a fare la partita. Sulla fascia destra, colpevolmente lasciata libera da Darmian, Rooney ha aggredito la profondità ed ha servito un cross al bacio per Sturridge, dimenticato da Paletta, che ha solo dovuto depositare in rete. Il pareggio non ha tagliato le gambe agli Azzurri, che hanno chiuso il primo tempo proiettati in avanti e sfiorando il nuovo vantaggio con due fiammate di Balotelli (provare un pallonetto da posizione impossibile e con una calma ciclopica é roba per pochi) e Candreva.

Il vantaggio Azzurro nella ripresa é nato da una percussione sulla fascia destra, con Candreva abile a confezionare un cross al bacio per Balotelli che di testa ha in filato Hart, siglando il suo primo goal in un Mondiale all'esordio assoluto nella competizione. Segnato il due a uno, l'Italia si é difesa con ogni mezzo,ma le occasioni per gli Inglesi non sono mancate. Calci piazzati e manovre dei trequartisti hanno creato i maggiori problemi alla retroguardia, che anche grazie ad un Sirigu in stato di grazia ha evitato il peggio. Tuttavia, non sono mancate le ripartenze di marchio Azzurro: Candreva e Darmian hanno lasciato terra bruciata alle loro spalle, garantendo una spinta costante per quasi tutti i novanta minuti. Impossibile non rimanere a bocca aperta davanti al calcio di punizione di Pirlo negli ultimi minuti di gioco: il genio barbuto si prende gioco delle leggi della fisica, o forse é proprio perché le conosce fin troppo bene che sforna una magia che si stampa sulla traversa. E il genio non può disperarsi; tuttalpiù rimane perplesso, cercando di capire come migliorare ancora, mentre noi comuni mortali rimaniamo estasiati. 

Al fischio finale, le certezze sono due. La prima é che la preparazione atletica dei ragazzi di Prandelli é stata pregevole: sarà anche mancata un po' di lucidità nell'ultimo quarto d'ora, ma mentre ben tre avversari sono stati colti dai crampi, i nostri non hanno fatto una piega fino alla fine del match. La seconda pietra su cui costruire un buon Mondiale é la voglia di stupire di tanti giocatori, Balotelli su tutti, che li priva delle insicurezze e li riempie di coraggio. E poi come dimenticare la determinazione di Darmian, la calma e la deduzione di Pirlo e Verratti. Come riesce facile agli Azzurri, si è creato un gruppo formato da tanti brillanti operai, capaci di capire quando bisogna abbassare la testa per lavorare per il collettivo e quando invece bisogna dare sfogo alle proprie qualità.

In definitiva, la strada é quella giusta, e Prandelli ne è consapevole. Appuntamento a Recife, per conquistare la qualificazione contro una Costa Rica di cui é meglio non fidarsi.


sabato 14 giugno 2014

FINALMENTE MONDIALE

E quindi il Mondiale è iniziato, tra le proteste del popolo Brasiliano (che vanno molto più al di là del calcio) e della Croazia, derubata nella partita inaugurale. Se la vittoria dei Verdeoro é viziata dall'arbitraggio a senso unico, quella dell'Olanda é stata un indiscusso trionfo, che compromette seriamente il cammino della Spagna campione del Mondo in carica. Grandi emozioni in ogni caso, che solo un Mondiale sa regalare.

Brasile e Croazia hanno quindi aperto le danze, dando vita ad una partita inaspettatamente aperta. La Croazia ha attaccato di rimessa, difendendo con ordine e sfruttando le ripartenze dei suoi Olic e Jelavic. Ed era ad un passo dallo sgambetto epocale. Il volto di Marcelo, stravolto dall'ansia subito dopo aver segnato il più classico degli autogoal, descriveva alla perfezione lo stato d'animo di ogni Brasiliano, preso dall'angoscia di vivere una sorta di nuovo Maracanaço. Dopo il pareggio di Neymar la trama della partita non é cambiata, e al netto delle opportunità forse la Croazia attendista avrebbe meritato di più del Brasile sprecone. Il deus ex machina Nishimura ha trovato il modo per cambiare le carte in tavola, concedendo un rigore piuttosto generoso. Oscar ha poi messo il sigillo ad una vittoria che non può far stare sereno Scolari. Nello stesso girone, il Messico ha portato a casa i tre punti contro il Camerun. Nettamente superiore l'undici sudamericano, che ha mostrato una mgliore tenuta del campo.

Nel girone B, La sindrome da pancia piena colpisce ancora. Nelle ultime quattro edizioni della Coppa, questa compresa, per tre volte la squadra campione in carica non ha vinto all' esordio. Ma c'é modo e modo. La Francia, nel 2002, fu sconfitta dalla sorpresa Senegal; in Sudafrica, l'Italia pareggiò mestamente contro il Paraguay; la Spagna, ieri, é letteralmente crollata sotto i colpi di un'Olanda assetata di vendetta. Era anche passata in vantaggio, grazie ad un rigore di Xabi Alonso guadagnato dal fischiatissimo Diego Costa (reo di aver tradito il suo Brasile). Ma il pregevole pareggio di Van Persie era solo il preludio di un capolavoro a tinte arancio. Ciò che é mancato alle Furie Rosse é stata la mentalità, e l'errore lezioso di Casillas ne é la dimostrazione palese. Supponenza? Presunzione? Niente di tutto questo. Semplicemente, mancanza di stimoli. La sensazione é che Del Bosque, come Lippi quattro anni fa, abbia scelto i titolari più basandosi sulla riconoscenza che non sull'effettiva carica emotiva.  Gente come Koke, Juanfran, Santi Cazorla e Javi Martinez forse meriterebbe più di una chance.  Il Cile venderà cara la pelle nel prossimo match che si trasforma in un vero e proprio dentro o fuori per la Spagna. Gli stessi Sudamericani, nel loro esordio contro l'Australia, hanno dato dimostrazioni di una forma fisica smagliante e di grande qualità in mezzo al campo.

La domanda sorge spontanea: ma se la Spagna stecca così, allora chi è la vera favorita di questo Mondiale? È presto per dirlo, certo, ma, spodestata la Spagna dal ruolo di favorita, sembra davvero che nessuna delle Nazionali che si giocano la vittoria possa considerarsi nettamente superiore alle altre. Ancora tante squadre devono esordire in questa Coppa del Mondo, e saranno il tempo ed il campo a fornirci indizi più precisi.

Goal spettacolari, polemiche infuocate, exploit imprevedibili. In soli due giorni di Mondiale é già successo di tutto. Non aspettavo altro.

lunedì 9 giugno 2014

LE MILLE RISORSE DELLA NAZIONALE DALLA DIFESA BALLERINA

Ieri notte l'Italia ha parzialmente convinto, vincendo il test match con la Fluminense per 5 a 3. Immobile ed Insigne danno spettacolo, ma ancora una volta la difesa non è tanto lucida quanto dovrebbe.

Prandelli ha dato tanto spazio a tutti coloro che avevano visto poco il campo contro Irlanda e Lussemburgo. Tra questi, sicuramente Insigne è colui che ha beneficiato di più dell'occasione concessagli. E il CT ha trovato una combinazione perfetta, schierandolo a supporto dell'unica punta Immobile, con Cerci a completare il tridente. Cerci e Insigne: due giocatori che conoscono a memoria i movimenti della punta di Torre Annunziata, e sanno come servirlo a dovere, visto che entrambi hanno giocato in squadra con Immobile per una stagione intera (il primo quest'anno,formando la coppia goal più prolifica della serie A; il secondo nella stagione 2011/12, nello strabiliante Pescara di Zeman). Del tridente di ieri, Immobile impressiona per quanto sia tecnicamente completo: un goal di testa, con uno stacco imperioso ad anticipare il diretto marcatore; un goal da rapace d'area, avventandosi per primo sulla corta respinta dell'estremo difensore; un goal da attaccante puro, abile a dettare il passaggio con un taglio in profondità sul filo del fuorigioco, rimanendo lucido davanti al portiere, trafiggendolo di esterno. E come se non bastasse, oltre ad essere un realizzatore cinico sa anche essere altruista, servendo due assist al compagno Insigne tanto semplici quanto poco scontati (quanti altri attaccanti avrebbero passato la palla, trovandosi a tu per tu col portiere?).

Ma se l'attacco fa ben sperare, è ancora una volta la difesa che angoscia il CT. Sui goal subiti si sente forte la stanchezza della preparazione (la papera di Perin è parzialmente perdonabile, ma il portierino del grifone farebbe bene a tenersi pronto per evitare un Marchetti-bis, vedi Sudafrica 2010). Ranocchia e Paletta hanno concesso troppa libertà di manovra agli attaccanti della Fluminense. L'intero pacchetto di difensori centrali deve necessariamente ritrovare un'affidabilità che è mancata nelle ultime uscite. In ogni caso, si spera che la concentrazione da parte di tutto il reparto difensivo sia più alta quando si dovrà fare sul serio. Da evitare il più possibile le disattenzioni in fase di impostazione. Una competizione come la Coppa del Mondo si decide soprattutto dai particolari.

Al netto degli errori, le sensazioni sono positive. Vincere fa bene al morale, ed è inutile ripetere quanto sia importante per un attaccante segnare, anche se in una semplice amichevole. Il dato che conta di più è sicuramente la grande varietà di giocatori su cui Prandelli può contare. Dal centrocampo in su, abbiamo almeno un sostituto di grande qualità per ogni ruolo, e questo fa ben sperare. Se nel 2010 in Sudafrica, perso Pirlo, l'Italia perse una logica di gioco, quest'anno c'è più di un'alternativa al genio barbuto. Rimane la difesa il reparto su cui lavorare di più, ma se Prandelli riuscirà ad infondere la giusta mentalità ai centrali difensivi, scacciando le insicurezze, l'Italia potrà davvero far bene.

Tuttavia, non sono solo gli Azzurri ad aver bisogno delle amichevoli per trovare la giusta forma per il Mondiale. La partita di ieri è servita anche come preparazione per noi tifosi, in vista delle (speriamo tante) veglie notturne che ci attendono. L'inizio alle dieci e mezza italiane di ieri era solo l'antipasto del tanto atteso fischio d'inizio a mezzanotte di Manaus di Sabato prossimo. Molti sono riusciti ad arrivare al novantesimo, ma altri hanno ceduto al sonno inesorabilmente. Promossi a pieni voti i primi, rimandati a Sabato gli ultimi, che dovranno curare con maggiore attenzione il riscaldamento pre-partita: sono sconsigliate cene troppo corpose, causa inevitabile papagna. Ma sarà davvero difficile addormentarsi durante la prima partita di Sabato, che si prospetta una vera e propria battaglia.



giovedì 5 giugno 2014

UN AMORE COSÌ GRANDE: IL SOGNO COMINCIA (LUSSEMBURGO PERMETTENDO)

Oggi l'Italia è partita per il Brasile, per intraprendere l'avventura del Mondiale, ed io proverò a seguire le gesta degli Azzurri senza lasciarmi condizionare dal mio ego tifoso.

Tuttavia, le premesse per questa Coppa del Mondo sono tutt'altro che incoraggianti. Come da 20 anni a questa parte, la Nazionale non ha vinto l'ultima amichevole precedente l'inizio di una grande competizione. Il nome dell'avversaria di ieri sera (il modestissimo Lussemburgo) evoca goleade, ma nonostante ciò gli Azzurri non sono andati oltre l' 1 a 1. La sensazione é che non potesse andare diversamente. Era già lunga la serie di sfortunati eventi che aveva caratterizzato la preparazione di questo Mondiale: le amarissime polemiche nate dall'esclusione dai 23 (con tanto di tweet al veleno) di Pepito Rossi e Mattia Destro; il pareggio con la non irresistibile Irlanda; l'infortunio di Montolivo, il giocatore con più gettoni in Nazionale con Prandelli in panchina. Mancava la ciliegina sulla torta, ed eccola servita ieri a Perugia. Una bella combinazione Marchisio - Balotelli aveva portato in vantaggio gli Azzurri dopo pochi minuti. Poi, tanto possesso, nessuna fretta di attaccare (o nessuna forza, dopo l'estenuante ritiro di Coverciano?) e tanti cambi. Il pareggio lussemburghese nasce da un calcio da fermo, un po' come tanti altri gol presi dall'Italia nelle ultime gare. Gli altri 60 milioni di CT sparsi in giro per lo stivale non aspettavano altro. La frase "Rossi se lo doveva portare" diventerà un tormentone, anche grazie al pareggio di ieri.

La Nazionale che non entusiasma prima di una competizione importante, tuttavia, non è una novità. È anzi uno scenario già visto tante volte. A 9 giorni dall'inizio dell'Europeo del 2012, l'Italia cadde rovinosamente 3 a 0 sotto i colpi della Russia nell'ultimo test pre – Europeo. E se una sconfitta così non può sembrare abbastanza rovinosa, basti pensare all’impresa negativa degli Azzurri di Sacchi, che nell’Aprile del 1994 uscirono sconfitti da un’amichevole contro il Pontedera, squadra di C2 che si prestò ad un test match durante la preparazione per il Mondiale dello stesso anno. E così come tanti Azzurri in passato, anche ieri sera gli uomini di Prandelli hanno regalato un momento di gloria ai Carneadi di turno, i Leoni Rossi del Lussemburgo, capaci di uscire imbattuti contro nientepopodimeno che i vice-campioni d’Europa in carica.

Per farla breve, anche quest’anno la Nazionale non convince nessuno prima dell’inizio del Mondiale.

Ma forse è proprio perchè non gliene va una buona a questa Nazionale, che l'amore per lei è così grande (come non a caso cantano i Negramaro). Questa squadra mai perfetta, a cui va sempre tutto male, che “se vince è solo grazie al catenaccio”, piena di giocatori mezzi zoppi, di talenti inespressi, di perfetti sconosciuti, di bolliti, vituperata dai giornalisti e dagli opinionisti, riesce sempre a trovare un equilibrio perfetto quando si fa sul serio. E se magari non ha 11 palleggiatori sopraffini come la Spagna, o non ha il vero Top Player come tante nazionali che si apprestano a partire per il Brasile, questa Nazionale, per dirla con Elio, ha un cuore grande così. Per carità, la qualità c’è eccome, ma è soprattutto la passione che unisce un gruppo come quello azzurro a fare la differenza. E pazienza se il Lussemburgo ha pareggiato, pazienza se abbiamo preso due traverse, pazienza se Balotelli unica punta là davanti è forse troppo solo. L'unica cosa che conta davvero al Mondiale è l'unione di questo gruppo, che è solido anche per merito di Prandelli. E il cemento di questo gruppo è senza dubbio la passione e la voglia di far bene, che dei ragazzi come gli Azzurri possono nutrire.
 
E sarà la stessa passione a unire un paese intero davanti agli schermi, anche in orari improbabili, per sperare in un sogno non così impossibile. Appuntamento al 14 Giugno, per tifare la nazionale di calcio più scarrupata del Mondo.